Arte, whiskey, design: investimenti di nicchia
Data pubblicazione: 23 luglio 2024
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IN BREVE
- I Global Passion Asset sono articoli di lusso o voluttuari che possono apprezzarsi col tempo
- I 139,4 milioni per “Femme à la montre” di Picasso sono un’eccezione
- Perché questi investimenti battano l’inflazione, in genere, serve tempo: 10 o 20 anni
In principio furono i dipinti di grandi artisti, poi vennero le auto d’epoca e ora è il momento di vini, liquori e dei cimeli delle star. Il mondo degli investimenti non conosce confini, né tra Paesi né tra prodotti. La ricerca del rendimento più alto o di una diversificazione più ampia ha portato nel tempo gli investitori più esigenti a cercare sempre nuovi approdi per i propri capitali. Anche i più strani.
Il valore di questi “prodotti”, chiamiamoli così, era di 2.174 miliardi di dollari nel 2022 che salirà, secondo Deloitte, a quota 2.861 miliardi tra due anni beneficiando quei 21,4 milioni di individui “High net worth individual” (HNWI) che hanno un patrimonio superiore al milione di dollari. Nel 2023 dei loro asset gestiti da banche private e family office il 13,4% è stato allocato su arte e beni da collezione. Si tratta comunque di cifre “conservative” perché non prendono in considerazione i patrimoni di quanti detengono meno di un milione, ma non disdegnano questo tipo di investimento.
In cima alla lista sono gli investimenti in dipinti
Ma in cosa investono, in particolare, questi soggetti? La parte del leone la fa l’arte, con transazioni, nel 2023, pari a 65 miliardi di dollari secondo il report di Art Basel e UBS Art. La maggioranza, 36,1 miliardi, è stata acquistata tramite rivenditori e il resto tramite aste, pubbliche, per 25 miliardi di dollari, e private, per 3,9 miliardi. Ben il 42% delle vendite è avvenuto sul mercato americano, anche se ovviamente questo non significa che gli acquirenti siano statunitensi. Poi viene la Cina, con il 19% degli acquisti. Questo mercato da anni ha superato anche quello inglese, terzo con il 17%, tradizionalmente tra i più prestigiosi e prediletti al mondo per la presenza delle più prestigiose case d’asta. Agli altri le briciole, con una quota francese del 7%, una svizzera del 3%, una tedesca del 2%, e l’Italia tra tutti gli altri con meno dell’1%.
Coloro che comprano opere d’arte acquistano soprattutto dipinti, che costituiscono il 64% del fatturato dei rivenditori e il 70% di quello delle case d’asta. Una minoranza preferisce sculture (sono il 12% del mercato presso i rivenditori e il 7% presso le aste), opere su carta (10% e 12% rispettivamente) o fotografie (4% e 0,2%). Tra l’altro sono proprio i dipinti a valere di più: nelle aste rappresentano il 37% delle vendite, ma, avendo prezzi più elevati di sculture e di altre forme di arte, come si è visto, valgono una percentuale quasi doppia in termini di fatturato. Sono molto presenti soprattutto negli acquisti superiori al milione di dollari, che tuttavia sono una minoranza, essendo solo lo 0,44% del totale nelle aste e il 2% tra quelli perfezionati presso i rivenditori. Il record nel 2023 è stato rappresentato dai 139,4 milioni di dollari versati per la Femme à la montre di Picasso, battuto dai Sotheby’s a New York. La grande maggioranza (l’86% presso i rivenditori e il 93% nelle aste) degli investimenti singoli è sotto i 50mila dollari e nel caso delle aste il 70% è sotto i 5mila dollari.
Non solo arte, si investe anche in whiskey
Non esiste solo la pittura, però. A essere floridi, a volte anche più floridi, sono anche altri mercati, come quelli delle auto di lusso, della numismatica e dei cosiddetti Global Passion Asset, tutti gli articoli di lusso e voluttuari che possono acquistare valore con il tempo: dai vini ai whiskey pregiati, dagli oggetti di design agli orologi ai gioielli. L’anno scorso il loro acquisto presso le aste più importanti (quelle con fatturato minimo di un milione) ha generato un giro d’affari di 2 miliardi e 651 milioni di dollari, non poco considerando che nel caso dei dipinti la cifra è stata di 7 miliardi e 88 milioni.
All’interno dei Global Passion Asset il segmento dei gioielli e degli orologi nel 2023 ha generato un fatturato di un miliardo e 662 milioni, anche grazie alla vendita per 13,65 milioni del diamante Light of Peace e di un Patek-Philippe Ref 96 Quantieme Lune per 6,6 milioni. Il segmento dei vini e dei whiskey, invece, nel 2023 nelle stesse aste ha visto una spesa da parte dei collezionisti di 139,9 milioni di dollari.
Sommando auto di lusso, numismatica, i Global Passion Asset e l’arte diversa dai dipinti (come la fotografia), secondo Deloitte nel 2023 tutti gli investimenti alternativi alla pittura hanno rappresentato il 30,2% delle vendite presso le case d’asta più prestigiose, in crescita rispetto al 26,1% del 2022. Nel caso delle auto di lusso, per esempio, gli acquisti sono arrivati l’anno scorso a 1,5 miliardi, cifra alla quale ha contribuito l’aggiudicazione record di una Ferrari, 1963 330 LM/250 GTO, Scaglietti, da 51,7 milioni. La numismatica, per dire, vale meno, 763,8 milioni di dollari.
Ma anche le opere più preziose non battono l’inflazione a 10 anni
Probabilmente chi ha acquistato la cantina del collezionista di vini Botenga per 7,7 milioni e il Macallan Adami 1926 Single Malt per 2,7 milioni non intendono berseli festeggiando le proprie fortune finanziarie, bensì sanno di avere messo le mani su qualcosa che potrebbe valere molto di più in futuro. Secondo l’indice del Rare Whisky Icon 100, che racchiude, appunto, le 100 bottiglie più preziose, nei 10 anni tra fine 2013 e fine 2023 il loro valore è salito di ben il 280%, ovvero a un tasso di crescita composto medio annuo (CAGR) del 14,28%. Si tratta dell’articolo da collezione che ha visto l’incremento maggiore, visto che i vini pregiati secondo il Knight Frank Luxury Investment Index hanno avuto una crescita “solo” del 146% nello stesso periodo e gli altri ancora inferiore. Va detto, però, che da metà 2022 l’indice dei whiskey di lusso è in discesa, ed ha perso circa il 30% del valore rispetto al picco, ma gli investitori sperano in una ripresa e sperano nel lungo periodo.
I whiskey di questo tipo tuttavia sono pochissimi, non a caso parliamo dei 100 più importanti, e per effettuare un confronto tra questi investimenti alternativi e quelli più tradizionali è necessario valutare l’andamento di quelli più comuni, quelli nell’arte. Come si vede nel grafico all’inizio il rendimento non è ugualmente alto, anzi. In particolare non lo è nel medio e breve periodo. Uno degli indici più importanti, in questo caso, è l’Index for fine Art (Top 100) di ArtNet, che racchiude opere dei 100 artisti più importanti del mondo, ognuno dei quali ha un peso diverso nel portafoglio, con Picasso, Basquiat, Warhol e Monet a detenere le quote più rilevanti.
Ebbene, secondo i calcoli di Artnet e Deloitte la crescita del valore di queste opere non è riuscita a battere l’inflazione negli ultimi 10 anni. Non ce l’ha fatta nel brevissimo periodo, tra il primo semestre del 2022 e il primo del 2023, 12 mesi nei quali questi dipinti si sono rivalutati del 3,8%, ma il carovita è aumentato di almeno il 5% in Usa (e in Europa).
Non è accaduto neanche se come periodo consideriamo gli ultimi 5 anni, in cui il valore delle opere dei 100 più grandi artisti ha visto un CAGR (tasso composto di crescita annuale) addirittura negativo dello 0,4%, e neppure se guardiamo agli ultimi 10, visto che il tasso di crescita composto medio annuo in questo caso è stato negativo dello 0,1%. Negli stessi periodi l’inflazione negli Usa è stata mediamente del 4% (gli ultimi 5 anni) e del 3% (gli ultimi 10) e in Italia è stata inferiore di circa un punto, ma comunque positiva. Negli Stati Uniti l’Index for fine Art (Top 100) ha performato anche peggio di quello del prezzo degli immobili, il Case Shiller US National Home Index, che mediamente a 5 e a 10 anni ha avuto un rendimento annuale del 7,4% e del 6,4%, nonché di quello dell’oro, +8,8% e +4,7%.
Anche se il confronto fosse con i dati immobiliari italiani, molto peggiori di quelli americani, saremmo di fronte a una sconfitta per le opere d’arte, almeno sui 5 anni: tra il 2018 e il 2023 il tasso di crescita composto annuo del valore delle case è stato dell’1,89%, mentre tra 2013 e 2023 è stato negativo per lo 0,1%, esattamente come l’Index for fine Art (Top 100) di ArtNet. Naturalmente lontanissimo è rimasto il ritorno degli indici azionari, come lo S&P 500, con CAGR a 5 anni del 10,4% e 10 anni del 10,7%.
Va meglio nel lungo periodo, soprattutto rispetto agli immobili
Per un investitore globale e soprattutto italiano l’arte, in particolare la pittura, può cominciare a diventare interessante sul medio-lungo periodo. Il CAGR a 15 anni dell’indice con le opere dei 100 più importanti artisti è del 2,5%, quello a 20 anni del 5,8%. In questo caso viene battuta l’inflazione, che in Usa è stata bassa, al 2% e 2,5% annui, e in Italia ed Europa ancora più ridotta, ma non l’oro e tanto meno gli indici azionari, che a 20 anni hanno avuto rendimenti annuali dell’8,9% (S&P 500). Sempre a 20 anni viene battuto anche il mattone, sia in Usa (Case Shiller con CAGR del 4%) che, a maggior ragione, in Italia, dove il tasso di crescita composto medio annuo del valore degli immobili è stato appena dello 0,85%.
L’arte e gli altri prodotti da collezione, quindi, possono essere una buona alternativa ad altri investimenti? Sì, ma con attenzione. Possono essere una soluzione per chi vuole diversificare al massimo e non affidarsi solo all’azionario, nonostante, diciamolo, questo renda molto di più. Soprattutto, possono esserlo per chi guarda al lungo periodo e cerca di dipendere meno dal mercato immobiliare, e ciò è molto vero soprattutto per gli italiani. Deve essere anche per questo che nel 2023 nelle 20 case d’aste di arte più importanti del Paese il fatturato è cresciuto del 9%, molto più che nel resto del mondo, anche se le cifre sono ancora molto piccole (146,7 milioni).
Attenzione però a scegliere bene quello che si acquista. Secondo Deloitte un rendimento del 5,8% annuo a 20 anni è stato ottenuto da chi ha investito nelle opere dei 100 maggiori artisti, ma coloro che hanno fatto acquisti tra le opere precedenti al XIX secolo (Old european masters) ne hanno avuto uno molto inferiore, dell’1,4%, mentre nel caso degli impressionisti e dell’arte moderna (fine Ottocento-prima metà del Novecento) saliamo all’1,9%. A rendere meglio è stata l’arte successiva alla Seconda Guerra Mondiale e quella contemporanea, che ovviamente include anche artisti minori, con il 5,4%.
Le opere d’arte, così come, a maggior ragione, un’auto di lusso o un’opera di design o anche una bottiglia di vino pregiata sono oggetti e il loro acquisto, l’organizzazione del trasporto, dell’asta, la loro conservazione, ed eventuali polizze assicurative hanno dei costi e presentano dei rischi, come qualsiasi investimento. Sempre bene quindi affidarsi ad esperti del settore.
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