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Medio Oriente, petrolio, Trump: lo scenario

Data pubblicazione: 14 novembre 2024

Autore:

Wealthype.ai per Fineco Bank
Rappresentazione visiva dell'articolo: Medio Oriente, petrolio, Trump: lo scenario
  • Da un anno ci si interroga sulle ripercussioni del nuovo conflitto sul quadro globale.
  • Il rischio di conseguenze sul mercato energetico e sul commercio effettivamente c’è.
  • Oggi, però, il contesto economico (e politico) appare molto diverso rispetto a un anno fa.


SCENARI GEOPOLITICI: QUALI EFFETTI SUL PETROLIO?

Le quotazioni non sembrano al momento risentirne troppo


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Fonte: Elaborazione Wealthype su dati Investing.com all’8 novembre 2024


Ebbene sì, parliamo di Medio Oriente. Argomento spinoso e non facile, certo. Ne produciamo un’analisi unicamente dal punto di vista economico-finanziario, chiedendoci fin dove potrebbe spingersi il conflitto e con quali ripercussioni sullo scenario mondiale, anche alla luce dell’esito del voto negli States. Pronti? Via.


Medio Oriente: cosa potrebbe accadere nelle prossime settimane?


Bella domanda. Se da una parte l’ulteriore escalation non conviene a nessuno, dall’altra c’è sempre il rischio che l’Iran sfrutti la sua posizione geografica per bloccare la navigazione attraverso lo Stretto di Hormuz, nel Golfo Persico, strategico per il mercato del petrolio a livello globale: vi transita il 35% dell’export mondiale di greggio via mare e il 21% delle esportazioni di gas naturale liquefatto.

Altra domanda, che giustamente si pongono gli esperti dell’ISPI, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (1): come potrebbero reagire gli altri Paesi esportatori di energia presenti nel Golfo?


OPEC: CHI PRODUCE PIÙ PETROLIO NEL GOLFO?

Produzione di greggio ad agosto 2024 per Paese, in milioni di barili/giorno


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Fonti: ISPI, OPEC Monthly Oil Market Report settembre 2024


Insomma, tagliando corto: oltre a un’ulteriore escalation militare tra Israele e Iran dopo gli attacchi incrociati di ottobre, si temono rappresaglie commerciali. Se tali timori divenissero realtà, la conseguente risalita dei prezzi del greggio potrebbe complicare e non di poco la vita alle banche centrali, in una fase in cui, alla luce della disinflazione in corso, le autorità monetarie stanno finalmente allentando le briglie ai tassi. Non dimentichiamo poi che persiste il rischio di un’intensificazione degli attacchi alle navi in transito nel Mar Rosso da parte degli Houthi pro-Iran dallo Yemen (Stato che appunto affaccia sul Mar Rosso): ciò creerebbe scompiglio nel commercio globale e nel trasporto di greggio in particolare, un po’ come s’è visto qualche mese fa (2).


Ma la situazione attuale è molto diversa da quella di alcuni mesi fa


Proviamo ora a vedere la questione da un altro punto di vista. Sì, è vero, un aumento del prezzo del petrolio potrebbe ravvivare le preoccupazioni sull’inflazione. Vanno però segnalate due circostanze tutt’altro che trascurabili:


  • rispetto a un anno fa, oggi i prezzi dell’energia sono generalmente più bassi;
  • il processo di disinflazione appare finalmente consolidato.


Questo quadro potrebbe attutire il rischio di una stagflazione derivante da un incremento dei prezzi del greggio. Bisogna poi tener conto del fatto che, nei vari report sul prossimo anno, serpeggia l’idea di una domanda generalmente più debole nel 2025. E qui pesano anche le sfide che è chiamata ad affrontare l’economia cinese, primo importatore di petrolio al mondo, soprattutto ora che negli Stati Uniti d’America si prepara a tornare alla Casa Bianca Donald Trump, con la sua linea improntata al protezionismo.

Fatto è che le attese di una domanda di petrolio più fiacca si riflettono sul relativo comparto azionario, che già da un po’ sta sottoperformando l’indice globale.


LE QUOTAZIONI DEL GREGGIO SI RIFLETTONO SUI PETROLIFERI

Il comparto a confronto con l’indice globale


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Fonte: Elaborazione Wealthype su dati S&P Global al 7 novembre 2024


Recentemente, il segretariato dell’OPEC ha comunicato che gli otto Paesi OPEC+, ovvero Arabia Saudita, Russia, Iraq, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Kazakistan, Algeria e Oman, hanno concordato di estendere gli aggiustamenti volontari della produzione di un mese, fino a fine dicembre (3): rinviata, insomma, la revisione al rialzo della produzione. Non è un caso, alla luce delle quotazioni e, appunto delle prospettive della domanda.


Più che sul petrolio, le ripercussioni per ora si sono viste sui record dell’oro


In queste settimane è stato soprattutto l’oro a suscitare interesse: per la prima volta il metallo prezioso, nonché bene rifugio per definizione, ha superato i 2.800 dollari l’oncia, in una corsa verso la sicurezza alimentata proprio dagli scenari geopolitici.


ORO SU NUOVI MASSIMI

Le incognite alimentano la corsa al bene rifugio


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Fonte: Elaborazione Wealthype su dati Investing.com all’8 novembre 2024


Non è così insolito, anzi. Generalmente, in tempi di incertezza, gli investitori cercano sicurezza nell’oro. E, va detto, non è stato solo il Medio Oriente a pesare: un ruolo lo hanno avuto anche i vari punti di domanda in vista del voto USA.

La consultazione elettorale per l’elezione del nuovo presidente si è poi svolta martedì 5 novembre e, nella sfida tra il Repubblicano Donald Trump e la Democratica Kamala Harris, gli elettori statunitensi hanno optato per la discontinuità rispetto all’amministrazione Biden, preparando così la strada ad altri quattro anni di presidenza Trump (già presidente dal 2017 al 2021, se consideriamo non le date del voto ma quelle dell’insediamento alla Casa Bianca).


Come cambiano le prospettive del conflitto con la nuova presidenza USA?


Alla luce del peso che gli Stati Uniti hanno sul piano geopolitico globale, la domanda che potrebbe sorgere è: come cambierà la posizione degli USA nel conflitto in Medio Oriente sotto la nuova presidenza? Nei lunghi mesi della campagna elettorale, Harris e Trump non si sono sbilanciati troppo sulla politica estera, limitandosi, per quanto riguarda il Medio Oriente, a ribadire, ciascuno in base al suo stile, il sostegno a Israele. Va comunque detto che gli Stati Uniti sono un alleato storico di Israele (e viceversa), e questo dato di fatto assai difficilmente avrebbe subito modifiche, comunque fosse andata la competizione.

Ciò premesso, Trump potrebbe supportare molto più convintamente Tel Aviv (una buona notizia per Israele, molto meno buona per Teheran), comunque nell’ottica di una rapida risoluzione del conflitto. Anche a beneficio dei rapporti tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita (come abbiamo visto, il maggior produttore di petrolio della regione).


Come comportarsi di fronte a questo scenario così “movimentato”?


Per rispondere alla domanda, è meglio dire cosa non fare: dopo aver predisposto un portafoglio adeguatamente diversificato, meglio non prendere decisioni d’impulso, che possono solo mettere a repentaglio la strategia d’investimento precedentemente individuata. Anche in questo caso, la costanza premia. L’ansia, invece, no.



(1) https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/medio-oriente-il-crollo-delle-certezze-186545

(2) https://it.finecobank.com/fineconomy/article/trasporto-merci-in-difficolta-cambia-il-quadro-dell-inflazione

(3) https://www.opec.org/opec_web/en/press_room/7409.htm

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